Interessante itinerario sul versante Laziale del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, in una delle zone meno frequentate. Nella prima parte si percorre il vallone di Forca D’Acero che collega San Donato Val di Comino all’omonimo passo, lungo l’antico tratturo ripido e incassato, che metteva in comunicazione il borgo con l’Abruzzo. La seconda parte del tracciato ha come meta la rupe chiamata “roccia dei Tedeschi” (una postazione militare tedesca della Seconda Guerra Mondiale scavata nella roccia), poi il panoramico cocuzzolo del monte Pizzuto, da dove si precipita giù a capofitto verso il punto di partenza, su una sezione ad alto tasso adrenalinico.
Il nome “roccia dei Tedeschi” intriga, è difficile resistere alla tentazione, un buon motivo per andare a vedere. Lasciandoci guidare dalla curiosità, ci si reca a San Donato Val di Comino, un antico borgo medievale nel cuore della Ciociaria. Punto ideale di partenza per questo e-tour è la duecentesca torre medievale dei Conti d’Aquino, situata all’apice del borgo. Bitumando sulla SR 509 per 19 km, si raggiunge il valico di Forca d’Acero a 1.538 m s.l.m., che segna il confine tra Lazio e Abruzzo (un tempo confine tra Stato Pontificio e il Regno di Napoli). Dal passo ci si immette sul sentiero P1, la mascotte ci da il via,non occorre spaventarsi alla vista del fondo molto sassoso, di colpo diventa flow e su comoda mulattiera si raggiunge il rifugio Duca d’Aosta.Superato il rifugio e il sottopasso, non ci si fa sfuggire un passaggio su roccia,poi si procede su fondo terroso disseminato di pietre smosse e rocce fisse, quest’ultime da dribblare, mentre sui gradini della vecchia mulattiera si lascia danzare la bici tra le asperità. Proseguendo il sinuoso e divertente percorso è molto vario, un alternarsi di segmenti, rocciosi, smossi, alcuni corrosi e altri più scorrevoli, dove si riesce a tenere un ritmo di guida alto. Si fiancheggiano caratteristici muri a secco e più avanti, incontrando alcuni gradini della mulattiera di maggiore altezza, si sfruttano per librarsi in aria e droppare.Intersecando il cartello con le indicazioni P6 Regie Miniere (antico giacimento di limonite, usato in epoca borbonica), il sentiero su gradini, si inerpica avvitandosi a spirale con stretti tornanti, a tale vista il diavolo tentatore ci fa fiondare senza indugio, si risale per un centinaio di metri, per poi tornare giù, dilettandosi a ritmo di nose press e rompere un po’ la monotonia.
Continuando verso valle si percorrono brevi rettifili distanziati da tornanti, anche con rock garden, dove se si ha voglia di complicarsi la vita, si può schivare la linea facile per la variante hard.
In prossimità del borgo,
sempre sulla sx si stacca un altra traccia e pure qua ci si concede un veloce fuoriprogramma saggiando altri giocosi passaggi. Più in basso si giunge alla deviazione del sentiero P4 che condurrà alla Roccia dei Tedeschi e al monte Pizzuto. Inizialmente una tranquilla salita,
poi man mano sempre più impegnativa, con fondo smosso, alcuni strappi da cardiopalmo, spettacolari passaggi tecnici e alcuni stretti tornanti che rendono difficoltosa l’ascesa, obbligando
a mettere il piede a terra, a meno che non si riesca a orchestrare la tecnica saltellata. Finalmente si raggiunge l’enorme rupe, la Roccia dei Tedeschi, da dove si gode uno strepitoso panorama sulla Val Comino, sul paese di San Donato e sulle alture Abruzzesi. La superlativa vista giustifica la realizzazione della postazione militare, con trincea, cunicoli e annesso ricovero.
Dall’avamposto si prosegue per il cucuzzolo del Pizzuto, purtroppo un tratto di circa 800 metri, ciclisticamente il più “irritante e rognoso” dove bisogna ripetutamente procedere a spinta,
per via di tratti scoscesi, stretti, esposti e con il superamento di un ghiaione.
Raggiunto il pizzo ci si riconsola con un’altra veduta altamente panoramica.
Incrociamo le dita, iniziamo a scendere su uno stretto traverso con pendenza accentuata, arrivando al primo secco tornante da fare per forza in nose press,
poi si aggiunge un cavatappi e ci si inizia a gasare. Continuando è un susseguirsi irrequieto di tornanti, alcuni esposti, altri con poco spazio di manovra per il nose press, dove la ruota posteriore può cozzare con facilità contro il pendio, ad ottimizzare il sentiero, i rettifili colmi di rocce smosse.
E’ la sezione più entusiasmante di tutto il giro, ci si ritrova a percorrere l’ennesima sagra del tornantino, che esalta un po’ tutti, dando la possibilità di perfezionare la tecnica della curva stretta e alzare l’asticella, un vero master. Proseguendo si scende decisi serpeggiando tra gli avviluppanti tornanti, alcuni rocciosi e scalinati, poi al raggiungimento di un triplo cavatappi è libidine pura!
Il terreno è sempre cosparso con insidiose pietre mobili. Perdendo quota si perde il conto dei tornanti e delle doppie curve, si è presa confidenza con il tracciato, si scende con disinvoltura, tanto di evitare soste per gli scatti di foto. Raggiunto e superato un rock garden gradinato, si è costretti a fermarsi.
Davanti si para un pezzo di scapicollo, difficile da descrivere, una particolare conformazione, con tante piccole e grandi gobbe rocciose. Guardando verso il basso è difficile credere che ci sia una linea e la possibilità di scendere, approcciare quel letto di rocce sembrerebbe pura follia. Ci si guarda in faccia e poi giù e trovare il flow nel posto in cui sembra non esserci è una sensazione indescrivibile.
Affrontata questa ultima asperità particolarmente ostica, ci si ritrova incolumi sotto la torre medievale dove a termine l’epica cavalcata.
Sintetizzando: la prima metà del tour non è eccessivamente esasperata. La seconda parte lascia il segno: con una salita molto impegnativa, per pendenza, fondo smosso e passaggi tecnici. La discesa o la ami o la odi non c’è via di mezzo, lo stretto single track, si snoda incontrando curve molto strette, che a volte inglobano gradini e pendenza accentuata e richiedono una tecnica del noss press molto elevata. Da mettere in conto il breve tratto scorbutico dove si procedere buona parte a spinta.