Nel PNALM, vi è un altopiano, sovrastato dalle cime del monte Petroso, l’Altare e il Tartaro, al confine della riserva integrale, dov’è possibile avvistare in particolari circostanze la fauna del territorio protetto. In autunno nel periodo degli amori è probabile imbattersi nei combattimenti tra cervi. Sempre in questo momento si può ammirare il foliage, le variopinte e spettacolari sfumature dei colori del manto della faggeta che cinge il luogo. Stiamo parlando di una conca glaciale a 1591 metri, ricca di acqua in primavera e scarsa in tarda stagione, che custodisce l’unico specchio di acqua naturale del Parco, il lago Vivo. La sua particolarità è data dal carattere mutevole, che si modifica a seconda del periodo, dall’assoluto splendore che coincide con lo scioglimento della neve, fino alle sembianze acquitrinose, che non tolgono splendore al paesaggio.
Giunti in quel di Barrea, breve bitumata sulla S.S. 83 Marsicana, in prossimità del Valico ci si immette su comoda strada forestale (K3), arrivando a costeggiare il torrente Rio Torto. Superato un ponticello in legno e l’L2 si continua a salire, dopo breve distanza, allontanandosi dalla traccia principale K3, si segue un sentiero poco marcato che inerpicandosi nella faggeta, obbligando a spingere, si dirige alla grotta dello Schivo.
Arrivati all’interno della cavità naturale, sotto uno sperone roccioso raggiungibile a piedi, sfortunatamente, non troviamo il copioso salto di acqua, poiché in secca. Ridiscesi sui propri passi con non poca difficolta su traccia poco evidenziata, invasa da ramaglie ed ancora in portage ci si ricollega al K3.
Con un ultimo sforzo si risale uno spettacolare costone roccioso e raggiunta la sommità si prosegue a saliscendi.
Un tratto rettilineo prelude la dirittura d’arrivo e non appena si inizia a scendere verso la conca glaciale, si presenta uno stretto sentiero con una conformazione lastricata, quasi perfetta, smisuratamente divertente, tanto da scrollare di colpo, la fatica accumulata delle rampe.
Lasciatosi alle spalle il viottolo pietroso e raggiunta la depressione, del lago Vivo è rimasto ben poco, risentendo della stagione calda, ha preso le forme più di acquitrino, se ne era consapevoli, ma si rimane ugualmente ammaliati dal paesaggio.
Dopo una meritata pausa, risaliti una selletta, si assapora un sinuoso flow-trails di sorprendente bellezza e di sicuro divertimento, che con rilanci termina con il raggiungimento e superamento dello stretto valico del Buon Passo, dove è posta un’immagine dedicata alla Madonna delle Grazie o del Buon Passo. Il nome la dice lunga, segna l’inizio di un notevole ed entusiasmante single track, che scende sul versante che domina il Vallone Resione.
Il trail a tratti scosceso, con fondo terroso smosso, ben condito con pietre, serpeggia nella stupenda faggeta, con un’infinità di stretti tornantini e varie curve in appoggio con sponde naturali. Presa confidenza si scendono dei lunghi tratti tutti d’un fiato, fermandosi di tanto in tanto per recuperare, raggrupparsi e tentare di fare qualche foto. Toccato un breve tratto con gradoni, passaggi trialistici, rocciosi e nervosi, il trail esce sulla sterrata K6.
Sul finale per incrementare e rendere il giro ancora più imprevedibile e memorabile, si prosegue a sx verso la sorgente Iannanghera, impegnando subito dopo a dx, una violenta e stretta mulattiera (J1), che tra muretti a secco e con un abbondante fondo sassoso smosso, per nulla banale, scende vero il lago di Barrea. Il giro volge al temine, spese le ultime energie, si pedala l’ultimo chilometro con calma voluta ed appagati.
Facendo rientro a Barrea, si è al settimo cielo, anche questo giro non ha deluso le aspettative e non ha di certo annoiato, bello tosto ha fatto accreditare diversi punti…!
Sintetizzando: La discesa non va sottovalutata, richiede una buona dose di tecnica di guida.
Il tratto di mulattiera J1, molto ostico è possibile evitarlo con altre varianti.
La salita per la grotta dello Schivo risulta impegnativa per la pendenza e per il sentiero trovato poco evidente per le foglie cadute e l’ultima parte ricoperta con rami secchi
Arrivare in quota, percorrendo il percorso principale, senza passare per la grotta dello Schivo, è senza dubbio meno faticoso.
Giro di qualità, per godere della grascia delle acque, va fatto in tarda primavera, anziché in tempi di magra.